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Design di interni

Tre designer e una Blogger, al salone del mobile con Gruppo Euromobil

Al Salone del Mobile a Milano tra le molte avventure ho avuto la fortuna di incontrare e poter ‘chiacchierare’ con tre designer di fama internazionale: Roberto Gobbo,  Setsu Ito di Setsu & Shinobu Ito design studio e Marc Sadler.
Un italiano, un giapponese e un francese:  cosa hanno in comune questi tre architetti e designer? Si trovavano a Milano per presentare in anteprima alcuni loro prodotti realizzati per  Gruppo Euromobil, azienda con sede nel trevigiano che è oggi uno dei più importanti gruppi industriali nel campo dell’arredamento, proponendo soluzioni di design costantemente attente all’evoluzione dei modelli abitativi. L’opportunità di incontrare i designer mi è stata data proprio da Gruppo Euromobil e con me c’era anche Cinza, blogger di ‘La gatta sul tetto Milano‘.

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Roberto Gobbo

Architetto e designer di Treviso, ha una carriera alle spalle che unisce arte e architettura. Dal 1988 è collaboratore in esclusiva del Gruppo Euromobil, per il quale esegue lavori sia di progettazione che di allestimento.
Ho incontrato l’architetto Roberto Gobbo nella zona privata dello stand Gruppo Euromobil, al Salone del Mobile, un’area rialzata rispetto allo spazio espositivo da dove potevamo osservare, e commentare, tutto l’allestimento dall’alto.
Come nasce il suo concetto di arredamento? Per rispondere a questa domanda Gobbo ha iniziato spiegando la filosofia ed il filo conduttore del lavoro di Gruppo Euromobil, nel quale rivede anche il suo modo di pensare, ovvero quello che si racchiude nel concetto di Total Home Design: la volontà di arredare tutti gli spazi della casa in perfetta armonia, connessione e coordinamento. Per questo motivo l’azienda offre tre linee: Euromobil per le cucine, Zalf per le zone living, armadi guardaroba, spazio bambini e ragazzi, uffici e da Désirée per divani, poltrone e letti. Tre offerte che seppur con stili e materiali diversi sono legate da una connessione armonica, si contaminano a vicenda senza prevalersi ed è questo che ne permette il perfetto abbinamento all’interno delle case moderne.
Nel pensare gli oggetti d’arredamento, mi spiega, bisogna considerare in primis le esigenze della gente, sia in fatto di gusto estetico sia in fatto economico, per quanto riguarda il secondo punto non bisogna allontanarsi dalla qualità del prodotto e la bravura sta in questo: creare oggetti di qualità a prezzi accessibili. Quindi un buon design nasce dalla ricerca e dall’attenzione ai modelli sociali richiesti.
Parliamo di ZALF: “Quello che cerco di fare con il mio lavoro insieme all’azienda è di poter offrire situazioni d’arredo dinamiche. Zalf per esempio è un target dinamico, le camerette devono soddisfare le esigenze dei bambini ed assecondarne le esigenze nella crescita, non per niente lo slogan ‘Cresci con noi‘. In questo è molto importante il lavoro che il progettista svolge con l’azienda, dalla collaborazione si risolvono i problemi dando risposte concrete alle richieste ed esigenze della gente.”

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Setsu Ito

Designer giapponese con una vasta esperienza di lavoro nel campo dell’architettura, dell’ interior, product ed industrial design e packaging. Trasferitosi in Italia ha aperto il suo studio di design nel 1995 e dal 1997, in collaborazione con Shinobu Ito, lavora e offre consulenza per clienti internazionali.
Setsu Ito presentava in anteprima la libreria DABLIU per Désirée, realizzata insieme alla moglie Shinobu

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Come è nata l’idea per questa libreria?
La libreria è nata per caso, cercando di dare una seconda vita a degli allestimenti che avevamo usato per una vetrina. Questi elementi erano delle compisizioni di fili in metallo, composizioni semplici di forme, una croce e un quadrato ripetuti. Questi oggetti sono stati per parecchi mesi fermi nel nostro studio e non riuscivamo a trovargli un secondo uso, poi è nato prima l’appendi abiti TOTEM e quest’anno la libreria DABLIU. Nel caso della libreria abbiamo integrato a questa forma reticolare dei ripiani in legno per creare un giusto contrasto materico. Aspetto interessante di questo progetto è come ne sia nata una forma organica, movimentata, partendo da due semplici forme geometriche.

A cosa fa riferimento quando progetta? 
Parto dalle forme semplici, come il cerchio e il quadrato, poi ci lavoro sopra e dal lavoro su queste forme si possono creare volumi interessanti e organici.

Il vostro stile si può definire quindi organico?
Tanti dicono che i miei prodotti sono organici ma in realtà lo diventano partendo da queste forme. Una volta abbiamo fatto un divano che ha una forma molto scultorea e organica, è una forma che è uscita da un lavoro sulla base del cerchio che si muove e crea altre forme fino a diventare anche dinamico. In realtà noi guardiamo alla natura come a tutte forme organiche ma guardando bene si trovano anche forme geometriche.Quando si trova un ritmo e un metodo di lavoro poi ci si diverte a creare. Io sono giapponese, e noi giapponesi abbiamo una cultura ed una religione molto naturalista, legata al mondo naturale, e vogliamo sempre ritrovare un motivo all’interno della natura, anche progettuale. L’uomo convive con la natura.

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La poltrona Wing possiamo definirla organica? Ci fa un esempio di altri progetti?
Sì! Questa è una forma organica, molto avvolgente che richiama però il vintage, che è una tendenza di questo momento. La gente ricerca questo vintage sia nelle forme che nei materiali e nei colori e Wing è in linea con questa tendenza. Ritengo  giusto che in questo momento ci sia una ricerca di qualcosa del passato ma guardiamo anche al futuro, per esempio per un cliente giapponese, Aisin del Gruppo Toyota, abbiamo fatto una poltrona robotica, che si muove. La forma della poltrona motorizzata è molto organica e morbida, merito anche dell’imbottitura, mentre dentro ha il motore di movimento con ruote e sensori. Una sedia che si muove da sola con un movimento fluido, quasi fluttuante. Questo è l’inizio di un nuovo periodo che vedrà l’inserimento dei robot nelle nostre case, dovremmo conviverci, questa cosa mi terrorizza però il nostro scopo per ora è far diventare il mobile intelligente per migliorare e agevolare certe situazioni domestiche. Per esempio abbiamo progettato una serie di divani e un letto con computer e sensori integrati che percepiscono i movimenti delle persone e capiscono le loro situazioni fisiche e le necessità nei precisi momenti, ad esempio capiscono quando uno sta dormendo e se serve spengono la luce. Ora nel futuro ci troveremo a che fare con una popolazione sempre più anziana ed avrà delle esigenze che possono essere soddisfatte con l’introduzione di questi ‘mobili intelligenti’.

Guardiamo alla situazione del design in generale, cosa è cambiato in Italia e in Giappone negli ultimi 20 anni? Se è cambiato…
Certo la situazione è cambiata ma è un fattore comune in tutto il mondo, anche a causa di questo riempimento di oggetti nella vita quotidiana, si cerca sempre di creare oggetti nuovi. Per quanto riguarda la mentalità rispetto al design non mi sembra sia cambiata molto la situazione in Italia, c’è sempre questa tendenza a creare cose nuove, come questa azienda per esempio che trova un modo per rinnovare sempre il settore dell’arredamento per quanto sia un settore che esiste da tantissimi anni ed i mobili potrebbero rimanere sempre gli stessi, invece no, con il design si migliorano, si rendono più funzionali.

È sempre più frequente sentire nomi di designer stranieri affiancati a prodotti di ditte italiane e di riflesso molti ragazzi italiani intraprendono carriere anche meritevoli all’estero. Come vede lei questa tendenza? Visto che anche lei è straniero e lavora per una ditta italiana…
Io mi sento italiano, non mi sento uno straniero qui in Italia. Una cosa che non capisco invece sono quei designer che vengono in Italia, non parlano neanche l’italiano e portano solo i disegni, o meglio non vengono nemmeno, mandano i disegni via internet da far realizzare. Questa è una cosa assurda per me perché una creazione ha bisogno di essere seguita da designer e azienda e richiede la presenza fisica di entrambi. Tutti i miei progetti che vedete qua (indica l’esposizione di Gruppo Euromobil)  li ho seguiti personalmente anche durante la fase produttiva per vedere che tutto venisse fatto bene o se c’era qualcosa da cambiare. Serve comunicazione, è così.
Anche quando lavoro con aziende giapponesi seguo il processo produttivo il più possibile, è la via giusta per realizzare dei buoni progetti.
Nel mio studio ho 6 ragazzi giovani che lavorano con me e molti sono italiani, ci sono anche degli stranieri è vero, ma alla fine ci saranno sempre più italiani in Italia.

Oggi non c’è sua moglie ma voi lavorate insieme, come funziona il lavoro in coppia?
Sì lavoriamo sempre assieme, Shinobu ha più la parte creativa, alla fine in quello che vedete realizzato di mio c’è poco perché passa tutto per il filtro di Shinobu (ride). È sempre meglio avere più occhi, una persona da sola può sbagliare, noi abbiamo due punti di vista molto diversi, lei critica il mio pensiero ed io il suo, facciamo molte ‘battaglie’ e poi alla fine nasce il progetto finale. Secondo me il mondo della creazione è femminile, è la donna che fa i bambini, per questo vedo la creazione, anche quella artistica, un mestiere più da donna. Mi fa comodo stare con Shinobu, che mi compensa in quanto femmina con la sua creatività. Ci compensiamo anche per quanto riguarda le nostre diverse esperienze e competenze, lei per esempio è più informata di me sul mondo del mercato.

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Marc Sadler

Nato in Austria, è cittadino francese e vive attualmente a Milano. Appassionato sperimentatore di tecniche artistiche e di tutto ciò che può essere funzionale alla soluzione di problemi pratici, è proprio grazie alla sperimentazione che sono nati i suoi progetti migliori anche nel campo del design applicato allo sport. Tra i molti riconoscimenti ricevuti nel corso degli anni ha vinto quattro volte il Compasso d’Oro.

Il suo stile è molto tecnologico, come si concilia con la pittura e l’arte figurativa?
La tecnologia , intesa come scelta delle migliori strategie operative per raggiungere un determinato obiettivo, è il fil rouge nei prodotti che disegno, però una tecnologia che non si vede, funzionale ma non eccessivamente impattante. Nella pittura i compromessi ai quali sono chiamato sono quasi nulli: dipingo per diletto, non devo gratificare nessuno se non me stesso. Nel design invece siamo in due a correre per arrivare alla meta: io e l’azienda. Per quanto l’obiettivo finale sia lo stesso, io come designer prediligo i vincoli estetici del mio progetto, dal canto suo l’azienda è più attenta alle istanze produttive e commerciali. Fare il designer non è fare l’artista, ci sono dei limiti e dei compromessi da fare.

C’è un progetto che ancora non ha fatto e vorrebbe fare?
Ce ne sono tantissimi e questo mi da la spinta e la voglia di fare tutti i giorni il mio lavoro. Ci sono progetti che non mi aspettavo impattassero in maniera così forte come poi si è verificato, per esempio il paraschiena che è divenuto un oggetto di uso pressoché normale e quotidiano per chiunque guidi moto o scooter o faccia sport di un certo tipo. Nei primi tempi, poco dopo che il paraschiena era apparso sul mercato, ci sono state persone che avevano scritto per ringraziare di avere “inventato” una cosa così apparentemente semplice ma utile anche a salvare la pelle. Non me l’aspettavo, all’epoca non pensavo che il design potesse influire in questo modo.

Ci può fare un nome di un giovane designer promettente o che lei apprezza e pensa possa avere un futuro?
Più che un nome in particolare è un certo atteggiamento che apprezzo e che non è così frequente nei giovani professionisti che incrocio. L’abilità digitale è un fatto acquisito, tutti conoscono e utilizzano i principali programmi di modellazione e disegno ma spesso mi scontro con delle lacune culturali spaventose: aldilà di qualche archistar del design la conoscenza della storia del design è spesso vaga, per non parlare di arte, pittura, fotografia …. Invece è fondamentale assorbire conoscenza a 360°, come delle spugne, essere permeati di curiosità e interesse verso tutto ciò che ci circonda, perché tutto ha a che fare con il design e il design è dappertutto. E poi va bene il modello virtuale, ma saper fare e fare (modelli, prototipi, ma anche riparare la propria bicicletta) è una scuola di vita professionale importante: invece molti giovani fanno fatica a concretizzare le idee, trasformarle in operatività. Per fortuna non mancano le eccellenze, quando faccio lezioni all’università identifico subito nel gruppo i tre o quattro che hanno una marcia in più: sono curiosi, rompiscatole, non hanno paura di buttarsi. Se riusciranno ad avere successo non lo so, purtroppo ci vogliono altre cose tra le quali una buona dose di fortuna.

Quali sono i nuovi trend che usciranno nell’arredamento?
Mi rattrista un po’ il fatto che quest’anno al Salone si assista ad una serie infinita di tributi ai grandi del passato.  È come se molte grandi aziende non avessero il coraggio di fare scelte, magari coraggiose, a favore di progetti moderni e propositivi. Per fortuna ci sono aziende come questa (Gruppo Euromobil) che continuano un percorso piccolo ma costante di innovazione sulla costruzione del prodotto, sul comfort, sul prezzo, progredendo nella crescita e nella fidelizzazione dei propri clienti e dei consumatori finali.  È un risultato importante e rappresenta quella speciale alchimia nel rapporto designer azienda di cui parlavo prima, dove io riesco a trovare il mio spazio creativo e l’azienda le risposte alle proprie aspettative.

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Ci vuole dire qualcosa sulla nuova libreria LZ prodotta da Zalf?
Questa è una nuova avventura perché io con Zalf non avevo mai lavorato. È un’idea che ho proposto io, volevo fare un prodotto free-standin, esce dalla fabbrica già montato ed è reversibile perché è bello anche dietro: una libreria double face, può essere appoggiata alla parete o fare da parete divisoria. La gamma di colori nei quali è presentata la libreria non sono tutti esposti, il nero l’ho voluto io in esposizione e poi stiamo già preparando le versioni in rosso e mango. Questo è appunto un progetto nuovo con una collaborazione nuova, non so dove mi porterà, di sicuro non voglio fare un prodotto ed essere macinato dall’azienda, voglio il mio spazio.

Dopo l’incontro con Roberto Gobbo,Setsu Ito e Marc Sadler, ho potuto constatare che oltre ad essere tre caratteri diversi hanno tre visioni diverse sul design e sul modo di vedere il loro lavoro, ma alla fine il risultato è eccellente in tutti i casi.

Ringrazio i designer per il loro tempo e la disponibilità e Gruppo Euromobil per avermi ospitata!

Giorgia Ceccato

Architetto per scelta e Blogger per caso. Si laurea in Architettura quinquennale presso l’Università di Firenze. Ha vissuto un anno a Madrid dove ha trovato un meraviglioso mondo di architetture e design. Spirito libero, fantasiosa e viaggiatrice. Da quando è andata a NY il suo libro di riferimento è ‘The Architecture of Happiness’ di Alain de Botton. Sempre 'alla ricerca delle architetture', come la definiscono gli amici. Ha una mascotte, il suo cane Milla, dalla quale non si separa (quasi) mai!

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